Kety sogghignò nell’assistere allo sfogo del suo capo.
«L’avevo saputo che ti piacevano i quadri.»
«Quello me lo chiami quadro?» disse lui.
«Parlavo di altro.» rispose Kety «Ad esempio, ho saputo che hai avuto una passione smodata per alcuni lavori fuori commercio del Modigliani…»
L’Uomo che Sorride ebbe un sussulto, troppo breve perché qualcuno potesse notarlo.
«Mi volevi parlare di qualcosa?»
Lei indicò proprio il punto in cui era appoggiato il quadro.
«Che ne dici di una discussione sull’arte di crearsi le occasioni?»
«Senti Kety, direi che non è il momento per l’alta filosofia. C’è un sacco di lavoro e ho pure le scatole girate.»
«Sì è vero, hai ragione» disse lei «Anzi, ti voglio aiutare. Ci penso io a levare di torno quella crosta.»
L’Uomo che Sorride balzò in avanti come un lupo affamato e si frappose fra il quadro e la copy.
«Non lo toccare!» gridò.
Poi si ricompose, cercò di scusarsi dicendo che lo stress giocava brutti scherzi e tornò a una posa più tranquilla. Tuttavia l’agitazione sul suo viso era palese.
Kety nel frattempo si guardava in giro con aria svagata, com’era suo solito.
«Chissà se quel quadro è arrivato davvero qui per errore.» disse.
L’Uomo che Sorride sbiancò a quelle parole.
«Che intendi?»
«Lo sai» riprese lei, cambiando del tutto discorso «che il posto migliore per nascondere qualcosa è camuffarlo in bella vista? Hai mai letto “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe?»
L’Uomo che Sorride perse gran parte del suo savoir faire e si permise di deglutire rumorosamente. Spinse via Stagista, che stava entrando in quel momento per spazzare il pavimento dell’ufficio (una delle sue molte mansioni) e gli chiuse la porta in faccia.
«L’arte di crearsi le occasioni, dunque? Molto bene, sono sempre contento quando un dipendente vuole osare di più.»
Socchiuse gli occhi e per un istante sembrò un cobra pronto all’assalto.
«Basta che non sia troppo» sussurrò.
Kety reclinò il capo e sbatté gli occhioni con quell’aria sbarazzina da monella.
«Non ti devi preoccupare. A proposito, sai che non ci siamo nemmeno fatti gli auguri come si deve?»
L’Uomo che Sorride si sedette alla scrivania, inspirò, espirò, poi riaprì gli occhi e li puntò in quelli della copywriter di Pitagora. Era tranquillo e padrone della situazione.
«Gli auguri possono aspettare.» disse «Adesso parliamoci chiaro, Kety: che cosa vuoi?»