Oggi si sente sempre più spesso parlare di viral marketing, ma non a tutti è ben chiaro cosa significhi.
Se stiamo alla definizione di Wikipedia: “il marketing virale è un tipo di marketing non convenzionale che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati per trasmettere il messaggio ad un numero elevato di utenti finali. La modalità di diffusione del messaggio segue un profilo tipico che presenta un andamento esponenziale.”

Si tratta in pratica di un’evoluzione del passaparola, che permette di veicolare tipologie di messaggi con caratteristiche peculiari senza grossi sforzi: è il contenuto stesso a far scattare nell’utente la voglia di condividere il messaggio.

Come funziona il Viral Marketing
Come funziona il Viral Marketing

A chi non capita di vedere un video spassoso e di voler far ridere anche i propri amici?! Ecco che i Social Network ci vengono incontro, e con un clic il video arriva subito a tutti i nostri contatti. Magari si tratta dello spot di un noto brand, ma è realizzato talmente bene o ci ha particolarmente divertito/incuriosito/spaventato/emozionato/ecc. che ci viene voglia di far provare queste emozioni anche ad altri. Il pubblicitario riesce quindi a diffondere il brand semplicemente facendo leva su questa caratteristica umana, che definirei con una sola parola: “socialità”.

Ma il marketing virale ha anche aspetti più nascosti e poco studiati. Si tratta in pratica di un ulteriore aspetto della viralità: la totale perdita di controllo sull’informazione lanciata sul web. Così come un virus può scatenare una pandemia senza controllo, anche un contenuto ad alta viralità, dato in pasto alla rete, esce completamente dal controllo dell’ideatore.

In passato i teorici del viral marketing, primo fra tutti Ralph F. Wilson, avevano sempre e comunque un obiettivo: la vendita di prodotti o servizi. Questo obiettivo permetteva di chiudere la comunicazione sul “fine ultimo” che l’aveva scatenata (la promozione di un prodotto, ad esempio).
Oggigiorno si può utilizzare un contenuto virale anche per altri scopi, meno chiari e quindi potenzialmente fraintendibili. Ad esempio si può metter su una campagna virale per aumentare il traffico sul proprio sito web. Se l’azione non ha un punto di “chiusura”, il contenuto può essere frainteso ed essere considerato fine a se stesso. Il che non genera particolari problemi, a seconda dell’intelligenza dell’utente finale.

Un esempio su tutti: ricordate il successo del film The Blair Witch Project?
Era un film “low budget”, che risultò un horror da milioni di dollari di incasso, perché la campagna pubblicitaria per il lancio del film si basò sulla diffusione di una falsa informazione: dissero che quel film era stato realizzato con spezzoni realmente girati da dei ragazzi spariti misteriosamente. Molti di quelli che videro il film in America nei primissimi giorni di proiezione ebbero “effetti collaterali” (scene di panico, acuirsi di fobie, gente che scappava dal cinema, ecc.) e quando gli autori svelarono la verità, ovvero che il film era pura finzione e che avevano semplicemente ben costruito una campagna “virale”, tutti lodarono il loro genio.

Credete che qualcuno di quelli che vomitavano nelle prime file per il terrore (poiché erano convinti di vedere una storia vera) abbia poi denunciato i produttori o i pubblicitari?
No, per niente. Forse si saranno detti: “Che cretino che sono stato a credere ancora alla streghe!

Ma forse non tutti i paesi hanno una cultura così evoluta sul piano della comunicazione, e in Italia, con i livelli di analfabetismo informatico che abbiamo, una campagna virale rischia di essere fraintesa e si arriva a ritenere vero ciò che è palesemente finto. La soluzione? Creare il “punto di chiusura” di cui sopra. Magari chiudere il contenuto virale con un link ad una pagina che svela la verità. Ma, a seconda dell’ignoranza dell’interlocutore, si potrebbe verificare che nemmeno questo espediente dia buoni risultati.

Ma allora come fare?? Non ci resta che far morire il viral marketing sul nascere, avvisando all’inizio: questa è pura finzione! se non l’hai capito, le streghe non esistono…

L'uomo è un animale sociale: vuole condividere le emozioni!
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