Recentemente abbiamo concluso uno studio sul fenomeno della sovrapposizione di fan tra le diverse Pagine Facebook da noi gestite. La ricerca, scaricabile nell’Area Download (tab “Comunicazione”) del nostro blog o sfogliabile direttamente in fondo a questo post, parte dallo studio di dati numerici raccolti all’inizio del 2012. Per un periodo di tempo limitato, infatti, la piattaforma Facebook ha permesso di vedere, agli amministratori di pagine pubbliche, quali altre pagine i loro fan seguivano.

L’alto numero di sovrapposizioni di fan, unito all’estrema varietà di pagine che venivano promosse con questo sistema, ha indotto il Reparto Web Marketing di Archimede ad avviare una ricerca sul fenomeno. Per questa ragione abbiamo iniziato un processo di raccolta dati relativamente alle tante Pagine Facebook gestite nei servizi di Social Media Marketing. Siamo così riusciti ad isolare un fenomeno per molti aspetti interessante (per altri preoccupante) di estrema relativizzazione del valore degli “I-Like” per un determinato cluster.
Abbiamo poi estrapolato un dato molto utile nella progettazione di Media Planning, ovvero la percentuale media di utenti che diffondono in maniera superficiale i propri “I-Like”. Si tratta di un valore che oscilla tra il 18 e il 28% ed è parzialmente correlato ad una profilazione specifica. Questo dato ci servirà per correggere il “costo per contatto” che nei Media Planning imputiamo a Facebook. Tale costo, infatti, è sempre risultato molto conveniente rispetto ad altre piattaforme (Google AdWords su tutte) e nella pianificazione new media vinceva sempre.

L'I-Like "facile" diminuisce il valore del numero di fan di una Pagina Facebook
L

Nello studio abbiamo anche isolato un cluster che ha una propensione maggiore di altri a diffondere i propri I-Like con una certa facilità. Si tratta dei cosiddetti “geek”, o comunque utenti molto avvezzi all’uso del web e fra i primissimi frequentatori di Facebook. È quindi innegabile un fattore di “storicizzazione” degli I-Like, ovvero se una persona è da più tempo su Facebook avrà visitato più pagine e avrà verosimilmente avuto più occasioni per distribuire le proprie preferenze. Si spiegherebbero così parte dei “mi piace” di troppo di questo cluster rispetto ad altri gruppi di utenti.

Per questa ragione il fattore correttivo che abbiamo deciso di utilizzare è inferiore al bound di correlazione identificato.

Ora sarà possibile confrontare il CPA (Cost per Action) di altre piattaforme di display advertising con il “reale” CPL (Cost per Like) delle campagne su Facebook, opportunamente aumentato. Siamo in pratica riusciti ad avere valori numerici atti ad individuare le migliori opportunità di contatto per i nostri clienti, pulendo fenomeni di disturbo come gli “I-Like facili”.