Quali parole usiamo per raccontarci? La scelta delle parole influenza il modo in cui ci rappresentiamo a noi stessi, e di conseguenza in cui ci presentiamo agli altri. Questo vale per le persone, ma vale anche per le aziende; che, in teoria, di persone sono fatte.
È questo l’approccio “autobiografico” che la blogger, comunicatrice e autrice Francesca Sanzo propone nei suoi seminari di storytelling. Ammetto, io sono andata per un interesse personale prima che professionale, ma ne sono uscita con alcuni input molto interessanti da condividere con chi si occupa di comunicazione.
A volte infatti i vocaboli che usiamo per raccontare noi stessi (e, mutatis mutandis, un prodotto) sono sempre gli stessi. Ci imbrigliano e senza che ce ne rendiamo conto ci impediscono di crescere, cambiare pelle, mutare, per citare sempre Francesca Sanzo. Lei l’ha scoperto su di sé, con una vera e propria “muta” che le ha permesso di passare in un anno dall’essere una persona obesa di oltre un quintale a una donna di 60 kg.
Come? Anche grazie alle parole. Smettendo di considerarsi una “fallita” ma cominciando a rappresentare la sua condizione come un’“esperienza”, in quanto tale transitoria.
La scelta di parole diverse le ha veramente permesso di avviare un cambiamento.
Ecco, io penso che questa relazione tra le parole e le cose dovrebbe anche riguardare la comunicazione professionale e aziendale. In questo caso uso la parola “parole” come parte per il tutto, intendendo comunicazione tout court.
Se è vero che la scelta delle parole con cui raccontiamo un’idea, un’azienda, un prodotto, è giocoforza influenzata da quello che il prodotto, l’azienda, o l’idea sono, è vero anche che nuove parole per raccontarsi potrebbero aiutare a orientare un cambiamento reale.
Troppo spesso invece questo secondo aspetto, che nella narrazione autobiografica forse risulta più facile perché coinvolge sempre la stessa persona, viene trascurato nel caso di una comunicazione professionale affidata ad altri.
Il cliente ci chiede una strategia di comunicazione, noi gli consegniamo il prodotto che può essere un sito, un’adv, un piano editoriale sui social o qualsiasi altra cosa. Ovviamente partiamo da quello che c’è, ma spesso accade che la nostra proposta anticipi un cambiamento che ancora non c’è ma che sarebbe utile all’azienda.
È lì che le “parole nuove” potrebbero essere una risorsa per una trasformazione. Sarebbe bello che il cliente le ascoltasse, ne intuisse le potenzialità, e sfruttasse il cambiamento del modo di raccontarsi come un’occasione per cambiare anche la sua realtà.
Ecco come forse, a volte, anche solo un nuovo sito può diventare per un’azienda un’occasione per ripensarsi e provare a cambiare pelle.
Camilla