Fu di giovedì, il giorno prima dell’antivigilia, che si consumò l’ultima cena di Pitagora Fantasiosa.
Allora nessuno poteva sapere che sarebbe stata l’ultima.
Per tutti era la cena di Natale dell’azienda. Era un momento magico, sospeso nel tempo, dove per una volta tanto non si pensava al lavoro, ma solo a mangiare, bere e stare bene. A dire il vero, fare la cena di giovedì lasciava intendere che il giorno dopo bisognasse tornare a produrre, sobri possibilmente. Ma al momento nessuno aveva intenzione di pensarci.
Era uno spettacolo: tutti e 21 i collaboratori dell’agenzia di comunicazione seduti di fronte a una tavola imbandita e colma di quintali di Speck, gentilmente offerto dalla Filiera Agroalimentare Trentina.
L’Uomo che Sorride fece tintinnare il bicchiere con una forchetta. Calò il silenzio.
«Grazie a tutti di essere qui.», disse «Come potete vedere, io e i miei soci, Programmatore1 e BranDman, non abbiamo badato a spese per offrire a tutti voi una festa degna di tal nome.»
Tutti si guardarono intorno, un po’ spaesati. Tolto lo speck non vi era altro da mangiare, perché l’Uomo che Sorride e soci avevano deciso di fare economia.
«Naturalmente, rientreremo nelle spese con qualche detrazione dai vostri più che abbondanti stipendi», intervenne Programmatore1, «o con altri metodi altrettanto creativi, tipo risparmiare sul riscaldamento ed eliminare le cialde del caffè.»
Risero tutti, ciascuno secondo le proprie modalità contrattuali: i contratti a progetto con enfasi eccessiva, i tempi determinati a denti stretti, mentre i tempi indeterminati si limitarono a sogghignare e ne approfittarono per scolarsi il primo bicchiere di vino della serata.
«Prima di cominciare ad abbuffarci, vorrei che ognuno di voi dicesse qualcosa sull’anno appena trascorso e su cosa si aspetta per l’anno prossimo.» disse l’Uomo che Sorride.
Per la sala serpeggiò il disappunto, appena appena malcelato da sbuffi e da sbadigli.
«Nessun volontario? Forza, nessuno vi mangia!»
«Dovresti cominciare tu!» urlò qualcuno dall’altra parte della tavolata.
L’Uomo che Sorride reclinò il capo, in segno di assenso. Si alzò in piedi, allargò le braccia con fare teatrale, come a dire: eccomi qua. Poi si umettò le labbra con un po’ di vino, senza fretta. Poggiò il bicchiere e osservò uno ad uno i suoi collaboratori.
Gli sguardi che colse dicevano chiaro e tondo: qui si va per le lunghe!
Sorrise.
Sarebbe stato proprio così!
