Da pochi giorni è uscito, per le ricerche in lingua inglese, Search plus your world, il servizio di ricerca di Google limitato ai soli contatti social.
In pratica, anziché pescare nel mare magnum del Web, l’utente andrà a vedere, come spesso accade nella realtà, cosa fanno i suoi contatti web e potrà scegliere in base alle loro preferenze e ai loro consigli.
Vuoi una vacanza al mare? Vedi se qualche amico ha fatto una vacanza interessante e scegli in base al suggerimento che più ti aggrada. Un po’ la stessa cosa che accade nella vita.
Questa funzione di Google perfeziona un trend già ben avviato con la referenza sociale e la ricerca personalizzata di cui abbiamo già parlato sulle pagine di questo blog.
È il trionfo del Web 3.0.
Ma dove ci porta tutto questo?
Ci porta in un mondo sempre più interconnesso, dove la congruenza della richiesta ai motori di ricerca con i risultati ottenuti è così perfezionata, che possiamo affermare che quello che l’utente trova sia esattamente quello che desidera trovare.
Ovvero, è sempre più in linea con i suoi interessi, con il suo profilo e con gli interessi e il profilo dei suoi “amici”.
In una frase: è ciò che lui/lei è sul Web.
La sfida dei grandi, di Google e di Facebook in particolare, è aumentare sempre di più la corrispondenza fra quello che una persona è nella realtà e quello che è sul Web.
Ecco allora alcune considerazioni che farebbero la gioia di quel genio paranoide di Philip Dick: l’io-reale influenza quello virtuale, o è vero il contrario? Sul Web, una persona è ciò che è nella realtà, o nella realtà è quello che è sul Web? Chi influenza chi? In che misura?
E soprattutto, tutto ciò è una cosa buona?
Dipende.
Facciamo un esempio.
Mettiamo che tu sia un metallaro, amante di tutte le ultime novità di quel genere di musica. Su internet frequenti forum di musica metal, hai un blog dove parli dei Metallica e dei Megadeth e ti circondi di amici virtuali che bazzicano a vario titolo il mondo dell’hard&heavy.
Nel Google del futuro (ma nemmeno poi così tanto), quando cercherai “musica” le prime risposte saranno quasi certamente in linea con i tuoi interessi. Vedrai liste di metal band, saprai le date del tour dei Cradle of Filth, leggerai cosa ne pensa il tuo amico metallozzo dell’ultima release degli Iron Maiden.
Difficilmente ti capiterà sotto mano una recensione di Bitches Brew di Miles Davis, tanto per fare un esempio.
Adesso ripetiamo la domanda: questa è una cosa buona?
Sì, perchè se ti piace il metal, che ti importa di sapere cosa ha fatto Miles Davis?
No, perchè non ti capiterà mai di ricevere qualche informazione differente dal tuo universo di riferimento. E se ascoltando Miles Davis scoprissi che ti piace? E come fai a saperlo, se nemmeno ne conosci l’esistenza?
Se Google o Facebook o chi per essi esclude a priori tutte quelle risposte che non sono congruenti con il tuo profilo Web, allora avrai esattamente quello che hai chiesto.
Ma niente di più.
Un po’ come prendere la pillola blu in Matrix: ti risvegli nel tuo letto il giorno dopo, ma non saprai mai quant’è profonda la tana del Bianconiglio.
Non conoscerai cose nuove, a meno che tu non te le vada a cercare, e continuerai a pascolare nel recinto dei tuoi interessi. Tutto ciò che sei sul Web diventerà uno standard, uno standard ben conosciuto da chi ti ha fornito le informazioni.
Non è questo il luogo per aprire un dibattito su quanto sia utile, per chi vende qualcosa, avere una clientela dai comportamenti standardizzati, prevedibili e quindi, controllabili.
La conclusione è che siamo sempre più delle pecore nel recinto della rete? La risposta potrebbe essere affermativa.
Ma tranquilli, per ogni male esiste sempre anche una cura.
E qui ce ne sono ben due: la prima si chiama curiosità, la seconda realtà.
La prima ci permette di andarcele a cercare le cose che non fanno parte del nostro mondo. Solo per il gusto di conoscere qualcosa di diverso. Una mattina una persona si sveglia e digitia su Google “autori jazz”. Così, tanto per cambiare.
La seconda è tutto ciò che succede fuori dallo schermo del PC. Invece di chiedere che tempo fa al computer, tanto per fare un esempio, basterebbe aprire la finestra di casa e guardare il cielo. Invece, chissà perché, l’uomo contemporaneo si affanna a mettere sul proprio desktop fantastici wallpaper di colline verdi e cieli tersi, ma non alza mai gli occhi al cielo (quello vero).
Comunque, non sarà di certo un algoritmo a decidere chi una persona debba essere. La scelta rimarrà sempre personale.
Pecore o individui liberi sul Web? Pillola blu o pillola rossa?